Missioni associate
Dal diario
- Giorno 346
Non mi sono mai piaciuti i ratti. Non è a causa delle loro orribili code, ma per la loro vivace intelligenza. Sembra che ti ascoltino quando parli e, ancor peggio, che capiscano.
Alcuni giorni fa mi sono ritrovato a parlare con un esemplare maschio, parecchio grosso, nero e senza un orecchio. All'inizio ho temuto che si trattasse di un sintomo della malattia, ma è impossibile: ho rafforzato le mie difese immunitarie con potenti incantesimi. Alla fine ho concluso che si trattava di un riflesso che persino i maghi più abili faticano a controllare: ci piace essere ascoltati.
Ho messo il ratto nero in una gabbia separata. Prenderà comunque parte agli esperimenti, ma nel frattempo potrà "tenermi compagnia" e osservare il mio lavoro. Ho notato che osserva con sguardo attento le gabbie dei ratti infettati, e in particolare di quelli all'ultimo stadio del morbo. Molto interessante.
Quanto alla compagnia, non potrei desiderare di meglio. Vserad si tiene alla larga dal mio laboratorio e ha espresso il desiderio che sua figlia faccia altrettanto. Da principio pensavo temesse uno scandalo, il che sarebbe assurdo, ma poi mi ha spiegato che Anabelle ha una psiche assai fragile e che vedendo i malati potrebbe andare incontro a un crollo mentale.
Gli abitanti della zona che prendono parte al mio studio non mi rivolgono più la parola. Non capisco quale sia il loro scopo, ma del resto non apprezzavo granché il loro rozzo eloquio. Naturalmente c'è anche lei, la donna, ma cerco di ridurre i contatti.
Giorno 362
Il ratto nero è morto, l'ho trovato esanime oggi nella sua gabbia. Forse si è infettato per sbaglio, ma durante l'autopsia non ho riscontrato segni di malattia. Sembrava anche ben pasciuto. Strano. Da un punto di vista medico la morte resta un mistero, che irrita lo studioso che è in me. Ma, come dicevo, i ratti non mi piacciono per niente.